Le fratture da fragilità sono subdole e possono colpire varie sedi del nostro scheletro. Ci sono fratture che invalidano il soggetto da subito, come quella al collo del femore e altre, che lasciano il segno nel tempo, come quella vertebrale. Recuperare la propria indipendenza e tornare alla quotidianità dopo una frattura, è più difficile per i pazienti over 80, rispetto ai pazienti più giovani, appartenenti alla forbice 65-75.

Per saperne di più, abbiamo intervistato il Prof. Giuseppe Sessa, presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).

“Le fratture al collo del femore sono percentualmente in aumento e risultano essere le più invalidanti da subito perché è quasi sempre necessario ricorrere alla chirurgia. Il discorso cambia per le fratture vertebrali, il disagio per il soggetto avviene nel tempo e non nell’immediato”.

Cosa si può fare per migliorare ulteriormente il quadro clinico del soggetto colpito da frattura?

“Il ministero della salute ha messo in atto una disposizione che invita tutte le aziende ospedaliere a operare il soggetto colpito da frattura entro le 48 ore. Questo sistema ha ridotto la mortalità dei pazienti più giovani (65-75 anni), mentre ben poco è stato fatto per gli over 80, che per una serie di motivi, in primis quello squisitamente medico e organizzativo, non possono essere operati entro le 48 ore, lasciando così inalterata la mortalità”.

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