La displasia fibrosa ossea è una malattia rara caratterizzata da una alterazione nella formazione dell’osso per la quale il midollo viene di fatto sostituito da un tessuto fibroso e può affliggere in uguale misura sia gli uomini che le donne.

Il quadro di gravità della displasia, così come per altre patologie rare, è estremamente variabile: la malattia può infatti colpire un solo segmento scheletrico e passare per molti anni inosservata, o piuttosto interessare interamente tutto l’apparato scheletrico e manifestarsi sin dai primi anni di vita. Sia che colpisca le ossa lunghe (arti superiori e/o inferiori) o le ossa piatte (coste e pelvi), la displasia fibrosa ossea porta all’indebolimento osseo accompagnato da fitti dolori e fratture frequenti.

Non solo, il possibile interessamento delle ossa del massiccio facciale (quindi del cranio) della malattia può essere causa di una dolorosissima espansione del tessuto e di una alterazione della facies (termine con il quale si indica, in medicina, l’aspetto e l’espressione del viso caratteristici di certi stati patologici).

La diagnosi di displasia si basa sull’aspetto radiologico e talvolta sull’esame istologico, la malattia può inoltre accompagnarsi anche ad una alterazione delle funzioni di riassorbimento renale del fosfato che per essere compensata necessiterebbe di trattamenti con fosforo e vitamina D.

L’approccio terapeutico tipico è essenzialmente sintomatico (analgesici) e ortopedico (prevenzione e trattamento delle complicazioni scheletriche mediante innesto osseo, curettage e/o osteotomia). Alcuni studi recenti hanno rilevato l’efficacia del pamidronato nell’alleviare rapidamente il dolore osseo; in circa la metà dei casi, inoltre, il farmaco aumenta progressivamente la mineralizzazione delle aree osteolitiche. La prognosi è migliorata con i progressi nella terapia, ma resta tuttora difficile da stabilire.

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