L’aumento delle aspettative di vita porta a una vecchiaia più lunga e oggi per un ortopedico è comune intervenire chirurgicamente su persone che hanno più di settanta, ottanta, novant’anni, talora anche su centenari. Ma al momento dell’intervento su una frattura, spesso si rivela l’osteoporosi, che può rendere la frattura replicabile. Possiamo fare qualcosa per arginare questo fenomeno? Ne ha parlato il Professor Umberto Tarantino, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Fondazione Policlinico Tor Vergata, Unità Operativa Complessa di Ortopedia e Traumatologia al convegno sulla Fragilità ossea indetto da FIRMO a Roma in occasione dell Giornata Mondiale dell’Osteoporosi 2019.

Professor Tarantino, cosa fare di fronte a una frattura da fragilità?

“Noi ortopedici abbiamo sviluppato un Quaderno della salute, presentato nel 2010, in cui sottolineavamo a necessità di intercettare tutte le fratture da fragilità e riconoscerle. Le fratture da fragilità oggi sono sottostimate, non conosciamo esattamente quante se ne verificano ogni anno. La sottostima porta a sottodiagnosi e a mancato trattamento. Invece è essenziale identificare i pazienti a rischio, avere un’immediata valutazione, non solo dell’ortopedico al pronto soccorso, ma di tutti gli operatori. Le cure devono essere immediate ma insieme devono anche essere svolte indagini per individuare l’osteoporosi (MOC, quadro della condizione vertebrale). Spesso chi arriva al pronto soccorso con una frattura di femore ha già subito due-tre fratture vertebrali, per lo più passate inosservate e non riconosciute. La dimissione poi deve prevedere l’inizio di un percorso che preveda non solo il trattamento della frattura, dell’osteoporosi e la valutazione del rischio di caduta, ma anche l’avvio di un programma educativo che riguardi l’alimentazione e l’attività fisica. Dovrebbe entrare in azione un coordinamento multidisciplinare volto a tamponare la causa della frattura. Questo deve essere il compito delle Unità di Frattura.

Cosa sono le Unità di Frattura?

“Sono percorsi che facilitano il paziente al di fuori dello schema-ospedale. La multidisciplinarietà è indispensabile e l’Unità di Frattura dovrebbe garantire l’uniformità del percorso di cura, nonché la qualità delle cure offerte. La SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) si presta a essere garante di un percorso di accreditamento di tutte le ortopedie italiane. In questo modo, sotto la garanzia di un sistema di accreditamento unico, chi si frattura avrà un percorso personalizzato dedicato alla sua patologia, di uguale livello e metodologia in tutta Italia. Tutti gli ospedali italiani dovranno adottare un modello unico di trattamento, un unico protocollo, e SIOT si occuperà anche di verificare che ciascuna Unità di Frattura agisca in conformità del protocollo adottato”.

Il Professor Tarantino conclude: “Il sistematico riconoscimento dei pazienti a rischio costituisce certo un beneficio per il paziente, ma anche per il sistema sociale, perché può determinare una significativa riduzione delle rifratture e dei costi sanitari a queste collegate.”

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