Dopo i 50 anni una donna su tre e un uomo su cinque sono destinati a subire delle fratture a causa della fragilità ossea, e il numero di fratture odierno – una ogni tre secondi nel mondo – è destinato ad aumentare vertiginosamente, molto più di quanto stia crescendo l’aspettativa di vita. Sono solo alcuni dei dati presentati a Roma in occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, che si celebra ogni anno il 20 ottobre, e contenuti nel Report “Ossa spezzate, vite spezzate: un piano d’azione per superare l’emergenza delle fratture da fragilità in Italia” elaborato dalla International Osteoporosis Foundation (IOF) e sostenuto dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso (FIRMO), dalla Società Italiana dell’Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) e dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).

La presentazione del Report è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione attuale nel nostro Paese e mettere a fuoco le prospettive di cura di una condizione che troppi ritengono, a torto, un’inevitabile condanna della terza età, ma che ha invece soluzioni mediche esistenti e praticabili.

In particolare, il Report ha evidenziato il peso nascosto, ma molto gravoso, delle fratture da fragilità in Italia.1 I risultati, che fanno parte di un più ampio rapporto europeo elaborato da IOF, stimano che nel 2017 le spese sanitarie associate a fratture da fragilità abbiano gravato sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per 9,4 miliardi di euro, una cifra che silenziosamente minaccia di paralizzare l’intero sistema sanitario italiano.

Attualmente in Italia la percentuale di persone che hanno 65 anni o più è stimata intorno al 23%, ma tale cifra è destinata ad aumentare con l’incremento dell’età della popolazione italiana – afferma la Prof.ssa Maria Luisa Brandi, Presidente di FIRMO e Ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Firenze. “Di conseguenza anche l’incidenza di condizioni croniche, come l’osteoporosi, è destinata a crescere, portando a un aumento esponenziale delle fratture da fragilità causate dell’osteoporosi”.

Con circa 560.000 nuove fratture verificatesi in Italia nel 2017, le fratture da fragilità rappresentano un grave ostacolo all’invecchiamento in buona salute, con ripercussioni sull’indipendenza e la qualità della vita degli italiani che convivono con l’osteoporosi.2 Questo numero dovrebbe aumentare di un ulteriore 22,6% entro il 2030, comportando un incremento dei costi correlati che, nello stesso periodo, si stima raggiungeranno gli 11,9 miliardi di euro.2

L’incidenza delle fratture da fragilità in Italia supera già quella della broncopneumopatia cronica ostruttiva [BPCO] e dell’ictus ischemico, e se andiamo a vedere con quale percentuale il costo relativo alla cura delle fratture da fragilità incide sull’ammontare dell’intera spesa del Sistema Sanitario Nazionale, scopriamo che in Italia questa percentuale è la più alta rispetto a tutti gli altri Paesi dell’UE6 considerati nel Report.1

Oltre ai costi, non dobbiamo inoltre dimenticare le conseguenze fisiche e personali, come spiega il Prof. John Kanis, Presidente onorario IOF: “In Italia, 4 milioni di persone sono affette da osteoporosi. In tutto il mondo, le fratture da fragilità colpiscono una donna su tre e un uomo su cinque di età pari o superiore a 50 anni.1 Le conseguenze delle fratture possono causare disabilità significative, rendendo spesso difficili le attività quotidiane, come mangiare, vestirsi, lavarsi o fare la spesa. Per coloro che subiscono di una frattura dell’anca, c’è una probabilità del 40% di non poter più camminare indipendentemente. L’impatto fisico e psicologico è dunque enorme”.

Il Report dimostra che circa il 75% dei pazienti anziani viene dimesso dagli ospedali italiani a seguito di una frattura dell’anca senza alcun trattamento farmacologico per l’osteoporosi.

“Dopo una frattura da fragilità, i pazienti hanno cinque volte più probabilità di subire una seconda frattura entro i due anni successivi, tuttavia la maggior parte dei pazienti non riceve un trattamento che potrebbe impedire la nuova frattura” – commenta il Prof. Stefano Gonnelli, Presidente SIOMMS. “Inoltre, l’Italia ha il più alto numero di badanti di tutti i Paesi presi in esame nel Report – Francia, Spagna, Regno Unito, Svezia, Germania e Italia – con una media di 882 ore l’anno occupate a prendersi cura di pazienti con fratture dell’anca ogni 1.000 persone: quasi il doppio della media dei 6 Paesi (443 ore l’anno ogni 1.000 persone)”.

Oltre a fornire lo stato attuale della cura delle fratture da fragilità, il Report funge anche da piano di azione per il futuro, includendo raccomandazioni per la classe politica che possono aiutare i responsabili decisionali a offrire la migliore assistenza possibile ai cittadini italiani, al fine di ridurre il numero di fratture e il loro impatto su pazienti e il sistema sanitario italiano.1

Le decisioni politiche svolgono un ruolo cruciale nel concretizzare il finanziamento di servizi diagnostici e di interventi economicamente vantaggiosi come il trattamento farmacologico, i programmi di prevenzione delle cadute e i modelli coordinati di assistenza, oltre a rafforzare gli standard necessari per gli operatori sanitari e le istituzioni.

Questo Report invita i responsabili politici a dare la priorità alle decisioni che possono fare la differenza per i pazienti con fratture da fragilità, concentrandosi in particolare sul miglioramento del servizio locale, sul rafforzamento della politica nazionale e sulla sensibilizzazione nei confronti del cambiamento dello stile di vita1, aggiunge il Prof. Giuseppe Sessa di SIOT.

Con il crescere del carico di fratture da fragilità che gravano sull’Italia, è nostra ambizione che questo Report possa aiutare le parti interessate a intraprendere le azioni necessarie per ridurre i costi associati e impedire alle ossa spezzate di ‘spezzare anche le vite’. Il carico economico delle fratture da fragilità si fa sempre più pesante nei sistemi sanitari, ed è quindi giunto il momento di agire e rispondere con forza a questa minaccia silenziosa” – commenta il Prof. Cyrus Cooper, Presidente IOF. “Chiediamo alle autorità sanitarie di intervenire dando la priorità agli standard di cura e ai finanziamenti per sostenere una gestione efficace delle fratture da fragilità, evitando così l’escalation dei costi correlati. In tempi di restrizioni alla spesa sanitaria, non possiamo più permetterci di ignorare la prevenzione e la gestione delle fratture da fragilità”.

Accanto al Report italiano, sono resi disponibili anche report dettagliati su Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito. È inoltre disponibile una relazione aggiuntiva, che riassume il più largo impatto delle fratture da fragilità nei sistemi sanitari in questi sei Paesi europei.

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