Cos’hanno in comune alimenti molti diversi tra di loro quali verdure a foglia larga come lattuga, spinaci e cavolo, carni come il fegato e cibi fermentati come i formaggi e la soia? La risposta, che potrebbe sembrare molto meno complessa del previsto, sta in una sola lettera: K.

La vitamina K è nello specifico infatti l’elemento principale di tutte le pietanze sopracitate: un’alleata indispensabile per la produzione e l’attività della osteocalcina, ovvero la proteina in assoluto più presente all’interno delle ossa umane dopo il collagene e molto importante nel processo di mineralizzazione.

Tradotto in altri termini, sarebbe anche grazie alla vitamina K che le nostre ossa trovano sostentamento. Non è un caso che nei pazienti – soprattutto anziani – in cui è basso l’assorbimento di tale composto è, in maniera direttamente proporzionale, altrettanto bassa anche la massa ossea stessa. Meno vitamina K, significherebbe allora un sostanziale aumento dell’incidenza di fattori di rischio che potrebbero portare a fratture a causa di una notevole compromissione della funzione dell’osteocalcina.

Non è al momento ben chiaro per la scienza il meccanismo secondo il quale la vitamina K riesce ad influenzare il metabolismo osseo e – è bene precisarlo – non esistono raccomandazioni specifiche riguardanti l’utilizzo di essa per combattere i processi di osteoporosi. Resta però solo la lente di ingrandimento il ruolo svolto da questa amica preziosa per la salute del nostro intero sistema osseo.

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