Una vera e propria emergenza di salute pubblica – Presentato il Manifesto Sociale a firma di 6 società scientifiche e 15 associazioni di pazienti che sollecita: l’adozione urgente di nuove scelte di politica sanitaria, nuovi modelli gestionali dei servizi sanitari e soprattutto, un’adeguata prevenzione.

In Italia le fratture da fragilità colpiscono 3,2 milioni di donne e 0,8 milioni di uomini over 50 – 9,4 miliardi di euro l’anno i costi sanitari associati, con tendenza all’aumento: un colpo alla sostenibilità del sistema – Gli appelli dei pazienti e della comunità scientifica, le considerazioni della Senatrice Maria Rizzotti (FI) e dell’On.le Rossana Boldi (Lega)

Le fratture da fragilità, con il loro costo annuo, pesano sulla sanità italiana come una intera manovra finanziaria dello Stato: 9,4 miliardi di euro che, nel 2030, diverranno quasi 12 miliardi (+ 26,2 per cento). Questo non è il solo dato negativo pubblicato recentemente dalla International Osteoporosis Foundation che ci consegna un quadro molto preoccupante sul nostro Paese; una vera e propria emergenza di salute pubblica: 4 milioni di over 50 sono colpiti da osteoporosi e si stima che, nel solo 2017, si siano verificate in Italia 560.000 casi di fratture da fragilità (senza contare le numerose fratture vertebrali che solo in piccola parte vengono diagnosticate o registrate) la cui incidenza, nei prossimi 10 anni, aumenterà del 22,4 per cento. Si tratta di una condizione causa di disabilità complessa, con un impatto enorme sulla qualità della vita e gravi limitazioni funzionali, che aumenta di molto il rischio di mortalità.

Dati e considerazioni queste che, su iniziativa della rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief, hanno indotto 6 società medico-scientifiche e ben 15 associazioni di pazienti a dar vita a FRAME®, un’alleanza finalizzata al coinvolgimento della classe politica e delle istituzioni, affinché adottino scelte di politica sanitaria e adeguate iniziative che consentano, attraverso nuovi modelli gestionali, di prevenire e contrastare efficacemente le fratture da fragilità. Un’alleanza che ha anche prodotto un Manifesto Sociale – presentato oggi alla sala Nassirya del Senato della Repubblica – nel quale sono state raccolte le istanze di tipo sanitario e le proposte organizzative che pazienti e società medico scientifiche sollecitano con urgenza.

E’ importante considerare che per un paziente che abbia subito una frattura da fragilità, la possibilità di subirne una seconda entro 2 anni è di cinque volte superiore. Alla base di questo che si presenta come un ambito sanitario molto complesso e soprattutto un allarme inascoltato, si pongono alcuni fattori fondamentali: mancanza di dati certi, assenza di linee guida aggiornate, specie per quanto riguarda la prevenzione e di modelli organizzativi per la gestione e la presa in carico dei pazienti sul territorio. Ad aggravare la situazione si aggiunge l’importante aumento della popolazione anziana e il fatto che la fragilità ossea è spesso concomitante con alcune patologie croniche o indotta da trattamenti farmacologici che possono determinarla, complicando ulteriormente il quadro clinico che coinvolge così diversi ambiti specialistici.

Una condizione patologica per la quale urge un protocollo diagnostico-terapeutico-assistenziale per la gestione delle persone a rischio fratture che, oggi, devono confrontarsi con una inaccettabile complessità di regole per l’accesso alle terapie. La percentuale delle morti conseguenti alle fratture da fragilità è assolutamente sovrapponibile alle morti da infartoha dichiarato il Prof. Francesco Falez, Presidente della Società Italiana di ortopedia e Traumatologia – osservo che di prevenzione dell’infarto si parla spesso a livello istituzionale mentre, della necessità di fare prevenzione per le fratture da fragilità, non si parla affatto”.

Affrontando il tema delle fratture da fragilità sul piano delle prospettive future e dell’epidemiologia, la Prof.ssa Maria Luisa Brandi, Ordinario in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, all’Università degli Studi di Firenze e Presidente FIRMO (Fondazione Italiana Ricerca Malattie dell’Osso), ha sottolineato l’urgenza di intervenire. “Se non si provvede subito – ha osservato – per l’Italia ci sarà un conto assai salato: ci aspettiamo che nel 2030 si fratturino i numerosi bambini che sono nati a cavallo degli Anni ’50-’60 perché, tendenzialmente, anche loro entreranno nell’età critica. Una situazione che creerà enormi problemi a livello di costi per la riabilitazione, per le protesi e per le case di riposo per gli anziani. Dobbiamo agire, anche perché abbiamo farmaci che in quest’area prevengono con successo le fratture fino al 70 per cento”.

Nel Manifesto Sociale, clinici e pazienti, oltre a porre in evidenza la dimensione del disagio prodotto da quella che potrebbe essere definita come la pandemia delle fratture da fragilità, hanno declinato in 5 punti le azioni indifferibili: riconoscerne la priorità, definirne le dimensioni, organizzare modelli di presa in carico, aggiornare le linee guida, aggiornare e semplificare i criteri per l’accesso ai trattamenti farmacologici e monitorare gli outcome: la ricetta (urgente) di clinici e pazienti per far fronte all’emergenza osteoporosi.

“Io sono un convinto sostenitore della collaborazione tra le associazioni di pazienti per quelle che sono esigenze che io definisco transpatologiche _ ha sottolineato Salvo Leone, presidente di EFCCA (European Federation of Crohn’s & Ulcerative Colitis Association) e portavoce delle associazioni pazienti che hanno aderito all’alleanza FRAME® _ mi fa piacere pensare che ci sia la possibilità di riunire attorno ad un tavolo tutte le organizzazioni che hanno interesse per quanto riguarda la fragilità ossea e quindi sviluppare insieme dei progetti concreti mirati alla soluzione di gravi problemi sanitari”.

Nel complesso scenario che caratterizza l’ambito sanitario proprio delle fratture da fragilità non sono mancate le voci della politica, chiamata a identificare soluzioni e risposte compatibili la coperta corta della spesa sanitaria. “Cosa fare a fronte di risorse limitate? – si è chiesta la Senatrice Maria Rizzotti, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato – Anzitutto un rinnovamento organizzativo e tecnologico: bisogna ripensare i processi e i modelli organizzativi delle aziende sanitarie nelle varie regioni, spostando le cure per la prevenzione, ove possibile, dall’ospedale al territorio, ridefinendo i criteri di presa in carico dei sempre più numerosi pazienti cronici”.

Una sottolineatura importante in relazione alla non completa copertura finanziaria per tutti i Livelli Essenziali di Assistenza è poi venuta dalla On.le Rossana Boldi, Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. “Penso che sia chiaro a tutti che, soprattutto in tempi di crisi, ma non solo, le spese sanitarie debbano essere razionalizzate con processi decisionali il più possibile equi e trasparenti – ha affermato la parlamentare – Le priorità possono essere decise in base ad alcuni parametri standard ispirati alla evidence based medicine, rispetto alla gravità della malattia, all’urgenza del trattamento e al rapporto costi benefici. Tutto questo – ha proseguito – senza dimenticare la dignità umana e la solidarietà. Inoltre, non va trascurata la necessità di efficientare la spesa con innovazioni di processo, al fine di avere la possibilità di erogare più prestazioni ad una platea sempre maggiore di pazienti”.

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