Professoressa Brandi, come possiamo determinare se il nostro osso è in salute? Bastano i controlli fatti in farmacia?

Gli strumenti usati in farmacia si basano su ultrasuoni, ottimi per gli screening di massa, ma se emergono valori bassi, occorre rivolgersi al medico per fare indagini più accurate, come l’esame densitometrico Dexa, la mineralometria ossea computerizzata, (che chiamiamo con l’acronimo MOC) ed esami biochimici.

L’osteoporosi colpisce in relazione all’età, qual è il quadro attuale in Italia?

In età giovanile l’osteoporosi si manifesta solo se c’è una malattia che la causa. L’osteoporosi causata dalla menopausa invece riguarda soprattutto le donne tra i 50 e i 60, mentre l’osteoporosi senile riguarda tutti. Quindi le donne soffrono più degli uomini: in Italia parliamo di circa 3 milioni di donne e 1 milione di uomini. Le donne hanno ossa più piccole degli uomini, che hanno a disposizione più materia ossea da perdere rispetto alle donne, inoltre le donne hanno una perdita molto acuta nel momento della menopausa, mentre l’uomo ha una perdita più lenta nel tempo. Anche durante la gravidanza e l’allattamento la donna ha un momento di perdita di massa ossea, che però viene recuperata: oggi però abbiamo tante primipare attempate che ci pongono il problema di un recupero completo della materia ossea.

Possiamo prepararci già in età adolescenziale ad essere pronti per combattere l’osteoporosi?

La prevenzione primaria, che chiamiamo stile di vita, ci deve accompagnare da sempre. Consiste nell’introdurre calcio a sufficienza con la dieta, nell’esporsi alla luce solare per stimolare la produzione vitamina D (che avviene a livello cutaneo), nel fare attività fisica regolare tutti i giorni. Questo dovrebbe essere il nostro stile di vita quotidiano, soprattutto nell’età della crescita e dell’adolescenza, per permetterci di raggiungere il nostro potenziale genetico di picco di massa ossea, che raggiungiamo intorno ai 20 anni. Dopo il nostro compito è dapprima quello di cercare di mantenerlo, e in seguito di non perderlo. Occorre poi prestare attenzione ai fattori di rischio: uno è la menopausa, un altro è la familiarità: se i nostri genitori hanno sofferto di osteoporosi o di fratture da fragilità, è bene parlarne con il medico che ci metterà in vigilanza terapeutica e diagnostica.

C’è un legame tra coronavirus e l’aumento di fratture da osteoporosi?

Ci sono molti fattori: il primo è che i pazienti sono stati fermi, e sappiamo che l’attività fisica è importante. Inoltre, non ci siamo esposti alla luce solare, da qui la raccomandazione ad assumere integratori di vitamina D. Un altro problema è che molti hanno sospeso le cure. Con l’Ospedale di Careggi, a Firenze, durante il lockdown dovuto al Covid, abbiamo seguito con la telemedicina 3000 persone. Era un sistema che sperimentavamo per la prima volta e che ha funzionato: abbiamo attivato l’invio di piani terapeutici online. Anche la Giornata Mondiale dell’Osteoporosi che si celebra ogni anno in ottobre, quest’anno è condizionata dal Coronavirus: abbiamo deciso di fare tre eventi separati e on-line, visto che non possiamo far ricorso ai soliti eventi sulle piazze a cui eravamo abituati gli scorsi anni.

La MOC è l’esame principe per individuare l’osteoporosi e gli altri stadi della malattia: una volta fatta la MOC, dobbiamo rivolgerci dal medico di base o a uno specialista?

La MOC ci consente di misurare la quantità di minerale presente nell’osso e stabilire se abbiamo di fronte una situazione di osteopenia o di osteoporosi. Una cosa diversa è stabilire qual è il rischio di frattura perché l’osteoporosi è solo uno dei fattori di rischio: per esempio l’osteopenia (ovvero la fase precedente l’osteoporosi), in presenza di familiarità può mettere più a rischio di quanto potrebbe risultare dai soli risultati della MOC. Il consiglio quindi è quello di fare un esame densitometrico per stabilire lo stato di rischio, poi gli esami biochimici di base (come la calcemia, l’emocromo, la fosfatemia, un protidogramma): esami che si fanno attraverso analisi del sangue richiesti dal medico di base. Se si rendesse necessario si faranno esami di secondo livello. Bisogna quindi sempre prima di tutto rivolgersi al nostro medico di medicina generale. Se abbiamo di fronte forme complesse, o un paziente con fratture da fragilità importanti, se occorrono farmaci che solo i centri designati dal nostro sistema sanitario nazionale possono prescrivere, allora i pazienti devono essere riferiti a questi centri specialistici.

I farmaci per l’osteoporosi sono tutti rimborsati dal sistema sanitario nazionale? Servono solo a rallentare un progresso inesorabile, oppure servono a guarire?

I farmaci nel nostro Paese sono rimborsati in funzione della gravità. In Italia oggi trattiamo solo il 20% dei pazienti fratturati ed è su di loro che dobbiamo fare la nostra campagna. La loro fragilità non viene riconosciuta, e quindi non vengono loro prescritti dei farmaci che potrebbero limitare moltissimo la probabilità di una seconda frattura. Esistono farmaci che aumentano la densità minerale. Questo è gradito dal paziente, che rimane più volentieri in terapia se vede dei risultati numericamente dimostrabili dalle analisi. Però dobbiamo abituarci all’idea che anche i farmaci antifratturativi, quelli che riducono “soltanto” la probabilità di fratturarsi e migliorano la qualità dell’osso danno risultati: anche un paziente che si è fratturato una prima volta e, grazie all’assunzione di farmaci, non si è più fratturato per 20 anni ha avuto un risultato numericamente apprezzabile. Ma questo tipo di risultato si vede solo in un arco di tempo lungo.

Ci sono molti studi recenti che parlano del ruolo dell’ossitocina per prevenire l’osteoporosi: qual è la posizione della professoressa Brandi? Quali altri farmaci di nuova generazione si affiancano alle tradizionali cure?

L’ossitocina è un ormone prodotto dalla parte posteriore dell’ipofisi, si collega con il cervello e con l’ipotalamo: possiamo dire che è un’emanazione del nostro sistema nervoso centrale. Svolge la funzione di indurre il momento del parto e la montata lattea. Recenti studi di laboratorio hanno dato risultati incoraggianti, ma siamo ancora a livello di studio e lontani da un utilizzo pratico.

Stiamo invece aspettando un farmaco, per ora riconosciuto dall’Agenzia Europea del Farmaco, che si presenta come una nuova prospettiva per la terapia. Sinora abbiamo utilizzato farmaci che avevano la funzione di aumentare la formazione ossea, oppure altri che inibivano la distruzione di osso. Questo nuovo farmaco, che è un anticorpo monoclonale, riesce a svolgere entrambe le funzioni, inibisce la distruzione di osso e stimola la formazione: si tratta quindi di un nuovo concetto terapeutico. Questo anticorpo monoclonale è stato chiamato bone builder, “costruttore di osso”. Perché sia utilizzabile in Italia occorre che anche l’Agenzia Italiana del Farmaco lo approvi, speriamo nel 2021 di poterlo avere a disposizione. Potrà essere utile per quelli che noi chiamiamo pazienti ad altissimo rischio, o a rischio imminente di frattura l’effetto antifratturativo di questo farmaco si manifesta già dopo sei mesi dalla somministrazione che avviene per via sottocutanea.

Le terapie per l’osteoporosi vanno seguite a vita? Presentano delle controindicazioni?

Per molte malattie croniche, come il diabete l’ipertensione, siamo abituati a una terapia che dura nel tempo e non ci chiediamo quando potremo interromperla. Lo stesso dobbiamo fare con l’osteoporosi. Inoltre, occorre tener conto del fatto che, nel caso di malattie croniche, quando si sospende una terapia si può avere un effetto rebound, ovverosia la situazione può peggiorare. I medici devono quindi considerare tutti gli effetti collaterali e stabilire se un paziente può seguire una certa terapia prescritta, per evitare l’effetto rebound. Quella per l’osteoporosi non può essere una terapia che il paziente si somministra da solo o sospende a piacimento.

Abbiamo molti farmaci che si somministrano per via iniettiva, per esempio il denosumab, un antiriassorbitivo che si somministra due volte l’anno, esistono poi i bisfosfonati, che si somministrano per via endovenosa. Il più grande nemico dell’osteoporosi è la mancata aderenza alla terapia: abbiamo molti modi per somministrarla, occorre ritagliare sul paziente non solo la terapia più efficace e che darà meno effetti colla collaterali, ma anche quella che il paziente non abbandonerà.

La terapia estrogenica sostitutiva è davvero protettiva?

Sì, gli estrogenici sono gli antifratturativi più antichi e hanno dimostrato efficacia negli studi clinici per prevenire la frattura, anche quella femorale. È anche vero che hanno degli effetti collaterali e se iniziamo una terapia con estrogeni e progestinici, dobbiamo senz’altro valutarne il peso iniziandola più vicino possibile alla menopausa.

Anche l’acqua che beviamo incide sulla salute delle ossa: quali proprietà dovrebbe avere quella più consigliata? Inoltre, tra i latticini e lo yogurt, quelli senza lattosio vanno bene lo stesso? L’alcol è assolutamente vietato?

Abbiamo una definizione di acque calciche: sono quelle che contengono almeno 150 mg di calcio per litro, dopodiché ciascuno può scegliere quella che preferisce. Gli alimenti privi di lattosio contengono la stessa qualità quantità di calcio di quelli che lo contengono, quindi possiamo consumarli tranquillamente dal punto di vista della salute dello scheletro. Infine l’abuso di alcol fa male (più di quattro bicchieri di vino), ma si può tranquillamente bere fino a un bicchiere di vino rosso a pasto.

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