I dati, ormai a tutti noti, ci dicono che il Coronavirus-19 ha colpito più gravemente le persone più anziane. Nel nostro Paese, la stragrande maggioranza dei pazienti deceduti aveva più di 70 anni, e poco meno della metà dei decessi riportati aveva tra gli 80 e gli 89 anni, mentre i giovani individui mostrano spesso sintomi lievi.

Un’altra osservazione ci dice che, come è accaduto in Cina, c’è stato un aumento del tasso di mortalità correlata a COVID-19 in pazienti già affetti da altre patologie, come ipertensione (69%), diabete di tipo 2 (31%), cardiopatia ischemica (28%), insufficienza renale (21%), malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO), (17%), o obesità (12%).

Ma un’altra caratteristica del virus è stata anche una diversa gravità e incidenza tra i due sessi. Fin dai primi giorni della comparsa dell’epidemia di COVID-19 in Cina, gli uomini si sono ammalati gravemente a un ritmo più elevato rispetto alle donne e sempre negli uomini si sono registrati anche più alti tassi di mortalità, con un modello che si è ripetuto in gran parte in altre parti del mondo in tutti i paesi fortemente colpiti, compresa l’Italia. Anche se questa differenza è stata spiegata da alcuni con la maggiore incidenza del fumo negli uomini, con un diverso comportamento sociale e con un ritardo nell’assistenza medica tra i sessi, si è potuta ipotizzare una causa da reperire in differenze genetiche, immunologiche e ormonali.

Il ruolo degli ormoni sessuali nella maggiore o minore incidenza di alcune patologie non è infatti una novità: gli ormoni sessuali sono tra i principali determinanti nella fisiologia. Rispetto alle femmine, i maschi sono in generale più suscettibili alle infezioni virali e ad altre infezioni delle vie respiratorie, e superano le femmine anche nella prognosi: la risposta all’epidemia di COVID-19 non appare diversa.

Maria Luisa Brandi

Partendo da questa considerazione, ed attraverso un attento esame dei dati epidemiologici e provenienti dalla ricerca, la Professoressa Maria Luisa Brandi ha condotto uno studio dal titolo Sexual Dimorphism Of Coronavirus 19 Morbidity And Lethality che sarà a breve pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Trends in Endocrinology and Metabolism”. Gli importantissimi risultati di questo studio ci suggeriscono come gli ormoni sessuali possano avere un ruolo principale nel determinare il corso clinico dell’infezione, richiedendo quindi anche una gestione specifica della malattia in uomini e donne.

Con l’aumentare dell’età, il progressivo declino del sistema immunitario progredisce insieme a una riduzione della produzione di ormoni sessuali sia negli uomini sia nelle donne, ma le differenze che permangono indicano un potenziale ruolo degli ormoni sessuali, non solo nella sensibilità all’infezione, ma anche nel corso clinico della malattia. Tenere conto di questi aspetti potrebbe aiutare a sviluppare strategie di prevenzione e trattamento più efficaci per i singoli pazienti, inclusa la progettazione di un buon vaccino. Certamente, riconoscere la misura in cui i focolai di malattia colpiscono le donne e gli uomini in modo diverso è un passo fondamentale nella creazione di politiche più equi.

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